In un contesto di superdiversità (Vertovec, 2007) e ad alta complessità socioculturale (Zoletto, 2022) come la “Fascia trasformata” della provincia di Ragusa, dove vivono migliaia di braccianti agricoli in condizioni di sfruttamento e di segregazione spaziale e culturale (Bocchieri, Bove, 2024), la violenza, simbolica e spesso fisica, impregna, fino a strutturarle, le relazioni tra adulti ma anche quelle tra bambini. A partire da un caso di studio etnografico (Bocchieri, 2022), l’articolo esplora come i bambini e i ragazzi incorporano e allo stesso tempo destrutturano confini e stereotipi che creano contrapposizioni violente tra braccianti tunisini e rumeni che vivono in quella “periferia dell’impero” (Sanò, 2018) marginalizzata e disumanizzante. Da un punto di vista pedagogico, emerge il ruolo dei contesti educativi come dispositivi interculturali, in cui la diversità non è solo accolta, ma riconfigurata in un processo continuo di dialogo, ibridazione culturale e ri-significazione. L’analisi di queste prassi esemplifica come le competenze reinterpretative (Corsaro, 2003) dei bambini e dei ragazzi possano contribuire, se riconosciute (Ricoeur, 2005), a contrastare la cultura dell’odio e la spirale della violenza. In questo spazio di tensione “transattiva” (Dewey & Bentley 1949) l’educazione emerge come linguaggio e pratica di resistenza per sostenere una visione rigenerativa e inclusiva dell’alterità.
Bove, C., D'Aprile, G., Bocchieri, D. (2025). "Rumeni e tunisini non mi devono toccare!". Sfide educative nella ritualizzazione e destrutturazione dei confini da parte dei bambini in contesti di "superdiversità". METIS, 15(1), 1-16.
"Rumeni e tunisini non mi devono toccare!". Sfide educative nella ritualizzazione e destrutturazione dei confini da parte dei bambini in contesti di "superdiversità"
Bove C.
;
2025
Abstract
In un contesto di superdiversità (Vertovec, 2007) e ad alta complessità socioculturale (Zoletto, 2022) come la “Fascia trasformata” della provincia di Ragusa, dove vivono migliaia di braccianti agricoli in condizioni di sfruttamento e di segregazione spaziale e culturale (Bocchieri, Bove, 2024), la violenza, simbolica e spesso fisica, impregna, fino a strutturarle, le relazioni tra adulti ma anche quelle tra bambini. A partire da un caso di studio etnografico (Bocchieri, 2022), l’articolo esplora come i bambini e i ragazzi incorporano e allo stesso tempo destrutturano confini e stereotipi che creano contrapposizioni violente tra braccianti tunisini e rumeni che vivono in quella “periferia dell’impero” (Sanò, 2018) marginalizzata e disumanizzante. Da un punto di vista pedagogico, emerge il ruolo dei contesti educativi come dispositivi interculturali, in cui la diversità non è solo accolta, ma riconfigurata in un processo continuo di dialogo, ibridazione culturale e ri-significazione. L’analisi di queste prassi esemplifica come le competenze reinterpretative (Corsaro, 2003) dei bambini e dei ragazzi possano contribuire, se riconosciute (Ricoeur, 2005), a contrastare la cultura dell’odio e la spirale della violenza. In questo spazio di tensione “transattiva” (Dewey & Bentley 1949) l’educazione emerge come linguaggio e pratica di resistenza per sostenere una visione rigenerativa e inclusiva dell’alterità.| File | Dimensione | Formato | |
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